Il notaio rispondeA cura di Aldo Francisci
“Quesiti di informazione legislativa con risposte ed analisi del notaio Salvatore Di Lauro di Abano Terme ”
Notaio, recentemente il notariato padovano ha organizzato un convegno dove si è trattato, tra gli altri temi, del contratto di convivenza. Di cosa si tratta?
Il 3 novembre scorso a Padova si è tenuto un interessantissimo convegno sul tema delle unioni civile e coppie di fatto dove si è trattato, tra gli altri argomenti, anche della convivenza e dell’eventuale contratto stipulato dalla coppia. La legge è recente, si tratta della legge 76/2016 che definisce la “convivenza” come unione stabile tra due persone maggiorenni unite stabilmente da legami affettivi di coppia e di reciproca assistenza morale e materiale, non vincolate da rapporti di parentela, affinità o adozione, da matrimonio o da un’unione civile. La legge si interessa della convivenza “formalizzata” vale a dire di quella registrata all’anagrafe del Comune.
I conviventi possono, poi, regolare i loro rapporti con uno specifico “contratto di convivenza” con cui si definiscono le regole della propria convivenza sotto l’aspetto patrimoniale; vi sono poi alcuni limitati aspetti dei rapporti personali (ad es. la designazione dell’amministratore di sostegno) che possono trovare spazio in tale contratto. L’accordo può essere usato anche per disciplinare le conseguenze patrimoniali della cessazione della convivenza.
Questi contratti possono essere stipulati da tutte le persone che, legate da vincolo affettivo, decidono di vivere insieme stabilmente al di fuori del legame matrimoniale, o perché è loro preclusa la possibilità di sposarsi (ad esempio, due conviventi dello stesso sesso) o perché è loro precisa volontà quella di non soggiacere al vincolo matrimoniale. Tale contratto può essere redatto dal Notaio qualora si intenda iniziare una convivenza oppure successivamente qualora sorga l’esigenza di “programmarne” lo svolgimento del rapporto, ad esempio in fase d’acquisto di un immobile.
È possibile disciplinare i diversi aspetti patrimoniali che riguardano:
• le modalità di partecipazione alle spese comuni, e quindi la definizione degli obblighi di contribuzione reciproca nelle spese comuni o nell’attività lavorativa domestica ed extradomestica;
• i criteri di attribuzione della proprietà dei beni acquistati nel corso della convivenza (potendo addirittura definire un sorta di regime di comunione o separazione);
• le modalità di uso della casa adibita a residenza comune (sia essa di proprietà di uno solo dei conviventi o di entrambi i conviventi ovvero sia in affitto);
• le modalità per la definizione dei reciproci rapporti patrimoniali in caso di cessazione della convivenza al fine di evitare, nel momento della rottura, discussioni e rivendicazioni;
• la facoltà di assistenza reciproca, in tutti i casi di malattia fisica o psichica (o qualora la capacità di intendere e di volere di una delle parti risulti comunque compromessa), o la designazione reciproca ad amministratore di sostegno.
Dal contratto di convivenza nascono dei veri e propri obblighi giuridici a carico delle parti che lo hanno sottoscritto. Pertanto la violazione di taluno degli obblighi assunti con il contratto di convivenza legittima l’altra parte a rivolgersi al giudice per ottenere quanto le spetta. La durata “naturale” del contratto di convivenza coincide con la durata del rapporto di convivenza; ciò non toglie che vi siano alcuni accordi destinati a produrre i loro effetti proprio a partire dalla cessazione del rapporto di convivenza: si pensi a tutti gli accordi che fissano le modalità per la definizione dei reciproci rapporti patrimoniali in caso di cessazione della convivenza.
Sono ritenute ammissibili clausole volte alla regolamentazione dei rapporti patrimoniali inerenti il mantenimento, l’istruzione e l’educazione dei figli, posto che incombe su entrambi i genitori l’ obbligo di mantenere, istruire ed educare la prole. Si tratterebbe, comunque, di clausole sempre suscettibili di essere revocate e modificate se ciò fosse richiesto al fine di perseguire l’interesse dei figli (da considerarsi sempre preminente rispetto all’interesse dei conviventi al rispetto degli accordi tra gli stessi intervenuti).